Consorzio Tutela Vini Vesuvio, un progetto che ha il vento in poppa. Numeri in crescita, impegno e visione. Primo obiettivo: promuovere e valorizzare il patrimonio enologico dell’area vesuviana.
Ma c’è tanto altro, lo abbiamo chiesto al Presidente Ciro Giordano che ci offre uno sguardo sul presente e sul futuro del comparto, tra nuove geografie del gusto, ricerca agronomica e consapevolezza culturale.
Una fotografia del Consorzio oggi?
Fortemente impegnato nella promozione e valorizzazione dei vini della Vesuvio DOP, il Consorzio Tutela Vini Vesuvio si colloca tra le più attive realtà istituzionali a livello regionale. Con l’introduzione dei contrassegni di stato e la programmazione di un piano di controllo affidato a agenti vigilatori, il Consorzio vanta la più efficace e determinata politica di tutela a vantaggio dei produttori così come dei consumatori.
Presente da protagonista a eventi di rilievo internazionale come Vinitaly, ProWein, Wine Paris e Merano Wine Festival, il Consorzio organizza incontri e seminari di approfondimenti tematici aperti al grande pubblico, ma specialmente rivolti a giornalisti e operatori di settore.
Negli ultimi anni, grande importanza è dedicata allo sviluppo dell’enoturismo. Si pensi al progetto “Vesuvio Way”, lanciato in aprile scorso, e che mira a connettere operatori turistici e viaggiatori, offrendo visite in cantine, percorsi culturali e attività enogastronomiche. L’obiettivo è promuovere un turismo sostenibile che valorizzi la nostra proposta vitivinicola e con essa le eccellenze paesaggistiche e culturali del nostro territorio.

Il mercato dei vini del Vesuvio guarda più all’Italia o all’estero? E quali differenze riscontrate tra i due pubblici?
Il mercato dei vini del Vesuvio si sta espandendo sia in Italia che all’estero. In Italia, i consumatori apprezzano la storicità e l’autenticità dei prodotti, mentre all’estero c’è un crescente interesse per i vini vulcanici, riconosciuti per la loro sapidità e mineralità. Le differenze tra i due pubblici riguardano principalmente la conoscenza del territorio e la percezione del prodotto.
Benché storicamente apprezzato in alcuni importanti mercati esteri (con particolare riferimento agli USA), registriamo negli ultimi anni un significativo incremento in paesi come la Francia, la Spagna e la Germania. Ma è proprio dal consumatore locale, di prossimità, che arriva la più alta crescita di domanda.

Se doveste scegliere un solo vino come simbolo del territorio, quale sarebbe? E perché rappresenta al meglio l’identità vesuviana?
Il Lacryma Christi del Vesuvio è considerato, per antonomasia, l’Ambasciatore del territorio. Tuttavia, con le modifiche recentemente apportate al disciplinare, adeguate alla realtà ampelografica del Vesuvio, credo che il Caprettone DOP abbia conquistato a ragion veduta il titolo di vino simbolo della Vesuvio DOP.
Grazie anche alla sua storia millenaria e alle caratteristiche di unicità, fortemente apprezzato e richiesto da un pubblico attento ed esigente, è oggi conosciuto come l’espressione più autentica della nostra produzione vitivinicola.
Cosa è cambiato negli ultimi 10 anni? Come si è evoluto il Consorzio?
Negli ultimi dieci anni, il Consorzio ha registrato una crescita significativa, sia in termini di adesioni (registriamo oggi ben oltre 80% di rappresentatività) che di produttività (negli ultimi 10 anni abbiamo recuperato almeno 50 ettari di terreni vitati abbandonati), passando da mera associazione di viticoltori a ente istituzionale riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura. La partecipazione a fiere ed eventi, la creazione di sinergie con altre istituzioni territoriali, la conquista della fiducia presso produttori e consumatori, tutto ciò ha prodotto un significativo cambiamento nell’immaginario collettivo: siamo passati da ente di controllo a ufficio di tutela e promozione, punto di riferimento per piccole e grandi realtà produttive.

Parliamo di vitigni autoctoni del Vesuvio. Il vostro lavoro di ricerca che risultati ha portato?
Il Consorzio ha avviato progetti di ricerca per studiare e preservare i vitigni autoctoni del Vesuvio. Questi studi mirano a migliorare la qualità dei vini attraverso pratiche agronomiche sostenibili e a garantire la biodiversità del territorio. I risultati ottenuti finora sono promettenti, con l’identificazione di tecniche innovative per affrontare le sfide del cambiamento climatico.
Avete altri obiettivi per il futuro?
Tra i progetti in cantiere ci piace menzionare la creazione della Vesuvio BIO. Attualmente ci sono diverse aziende vitivinicole che hanno richiesto e ottenuto la certificazione BIO ed è intenzione del Consorzio estendere a tutto l’areale della Vesuvio Dop la produzione biologica. Ciò non solo a sostegno della sostenibilità, ma anche nell’intento di perseguire una politica tesa al ritorno dei giovani alla conduzione anche di piccole aziende vitivinicole attratti dalle potenzialità di un prodotto che continua a guadagnare posizionamenti di prestigio nel mercato di riferimento.
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