Due giorni a Castelfalfi dove natura selvatica e agricoltura biologica si intrecciano con un progetto di accoglienza di lusso internazionale.
Tra Pisa e Firenze, si estende una porzione di Toscana quasi inesplorata, fatta di colline dolci, boschi maestosi, filari di cipressi e vigneti. È la Valdera, meno nota della Maremma e meno blasonata del Chianti, ma altrettanto bella e intrisa di storia. È qui che si incontra Castelfalfi che è un piccolo borgo medievale, un resort esclusivo – con Spa e Campi da golf – e una tenuta di oltre mille ettari dove si producono olio, vino e un miele pregiatissimo. Un progetto internazionale che ha preso il via nel 2023, dopo l’acquisizione da parte del magnate indonesiano Sri Prakash Lohia. Se i capitali che muovono tutto sono esteri, braccia e teste che lavorano a Castelfalfi sono rigorosamente locals. Toscano è Diego Mugnaini, agronomo e direttore agricolo della tenuta, custodita e gestita nel rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema esistente.

Dei 1.100 ettari, 25 sono dedicati ai vigneti: si tratta di piccole particelle sparse, a diverse altitudini (tra i 400 e i 300 metri di quota) e esposizioni. Le uve coltivate, rigorosamente in biologico, sono Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Vermentino, Merlot, Petit Verdot, Syrah e Colorino. Emiliano Falsini è l’enologo consulente, forte delle sue radici toscane e della sua esperienza nei vigneti d’Italia e del mondo, guida la produzione di Castelfalfi. Sette etichette, tutte IGT Toscana e il Castelfalfi Vin Santo DOC. La novità di quest’anno è il rosso Castelfalfi, un blend raffinato di Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot: solo 1100 bottiglie acquistabili esclusivamente in Tenuta. A questo vino si aggiungono altre sei etichette che sono il Sangiovese Poggio alla Fame, il vermentino Poggio i Soli; il rosso Falecine morbido e di facile beva; Casiscala, blend di Sangiovese e Syrah; Cappella del Lupo, blend di Cabernet Sauvignon e Merlot e il Vermentino Fonterinaldo dall’affinamento più lungo, prima in anfora e poi in barrique. Una collezione raffinata per un totale di 80mila bottiglie l’anno, ma i numeri sono in crescita e la prospettiva è quella di raggiungere le 130mila bottiglie nei prossimi quattro anni.

L’azienda ha investito non poco in dotazioni di cantina – vasche in acciaio e cemento, anfore in cocciopesto e barrique di legno – e la sperimentazione è di casa. È recentissimo anche il rebranding delle etichette affidato al designer Mario Di Paolo. Un discorso a parte meriterebbero gli spirits realizzati con materie prime della tenuta, ma lavorati in una distilleria del territorio. Eccezionale il Vermut.

Se il vino è l’anima di Castelfalfi, l’olio è un grande orgoglio: circa 10 mila piante di olivo prosperano su 45 ettari della tenuta, coltivati secondo metodi tradizionali, nel segno della tradizione del passato. Quattro varietà, le più pregiate della Toscana: Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino, da cui nasce un olio extravergine d’oliva 100% biologico. L’estrazione a freddo nel frantoio interno alla proprietà, garantisce qualità nutrizionali e sensoriali uniche. Una produzione non elevata (circa 50 quintali ogni anno) ma di altissima qualità con tre etichette monovarietali e una piccola produzione di oli aromatizzati, superbo quello al tartufo.

Parte integrante di questo grande progetto agricolo è l’apicoltura: 60 famiglie di api popolano la tenuta di Castelfalfi, alleate preziose per la conservazione della biodiversità. Il miele che ne deriva è un delicato e pregiatissimo Millefiori, venduto solo in tenuta a quasi 150 euro al chilo. Vale la pena prenotare la Honey&Bee experience che comprende la visita all’apiario e la degustazione di miele.
Castelfalfi, Loc. Castelfalfi, Montaione (Fi)
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Giornalista freelance dal 1998, per circa vent’anni ha scritto per le testate del gruppo Espresso La Repubblica e firmato articoli per i principali editori nazionali. Nel 2008 ha ideato Wine&TheCity, di cui è direttore creativo. Nel tempo libero continua a scrivere di viaggi, luoghi e storie singolari per Dove, Donna Moderna e altre testate.