Written by 11:30 Non solo vino

A tavola con Maradona

Quando il titolo dice tanto, forse tutto. “A tavola con Maradona – Da Napoli a Buenos Aires, ricette e azioni straordinarie del pibe de oro” è una tale promessa d’intenti che le novanta pagine del libro si bevono – è il caso di dirlo – tutto d’un fiato.

Perché mangiarle sarebbe diverso, presupporrebbe il piacere di assaporarle con lentezza, godendole parola dopo parola. E invece, A tavola con Maradona induce all’urgenza del consumo. Tutta colpa dei due autori – l’architetto Fabrizio Mangoni e lo psicoterapeuta Oscar Nicolaus – professionisti stimati e Maradonisti di lungo corso, che hanno messo insieme il più grande calciatore del nostro tempo e le sue ricette preferite. Un gioco letterario che funge da formidabile moltiplicatore di passioni e pulsioni impossibili da centellinare. Il tutto, fin dalla prima pagina.
Leggi le prime righe e sei già rapito, trascinato nel flusso di aneddoti e ingredienti, disvelamenti e cene mai raccontate, ricostruzioni fantasiose e ricordi puntigliosi, così veri da far male.  Mangoni e Nicolaus aprono il libro raccontando i due gol segnati dal Divino Scorfano (definizione dell’immenso Gianni Brera) all’Inghilterra durante i Mondiali del Messico. Il più bello e il più malandrino della storia del calcio. Salvatore di Meo li cucina uno in guisa di arrosto dell’imperatore e l’altro a mo’ di salsicce (molto molto speciali) e friarielli.

Due piatti complessi, golosi, dai risvolti imprevedibili. Proprio come i gol di Maradona. Nel libro, la mano che schiaffeggia il pallone sull’uscita del portiere inglese Shilton viene così spiegata da Diego all’intervistatore (l’ex avversario di allora Gary Lineker): “Era difficile che quella giocata non venisse vista da due persone: l’arbitro e il guardalinee. Quindi mi venne naturale dire che a segnare fu la mano de Dios”.  A fronte di tanta, sfacciata sincerità, Lineker si arrende. “Io la colpa la dò all’arbitro e al guardalinee, non a te. E quando hai segnato il secondo gol, per la prima e unica volta nella mia carriera mi è venuta voglia di applaudire una rete degli avversari”. Se questo è l’inizio, immaginate il resto, dalla pasta all’italiana che gli cucinava in ritiro il mitico massaggiatore Carmando alla punizione mascalzona con cui infilza la Juventus di Platini.

E poi la cena immaginaria con i miti della storia napoletana (Caravaggio, Pasolini, Masaniello, Pino Daniele..) e quelle realissime a casa Bruscolotti, i ricordi della governante e la pizza ai cicinielli di Enzo Coccia, le gite a Marina del Cantone e l’incredibile torta Maradona del pasticciere Ciro Scarpato. Tra una ricetta e un gol, anche qualche aneddoto triste. Del resto, ricorda Nicolaus, “Osvaldo Soriano sostiene che senza le pagine scure della sua storia, Oscar Wilde non sarebbe diventato Oscar Wilde, Caravaggio sarebbe rimasto un qualunque Merisi e Van Gogh avrebbe fatto l’imbianchino. Forse è valso anche per Diego. Certo non era nella sua indole sfuggire al confronto con il grigio delle miserie e dei vizi che attraversano la vita quotidiana di tutti noi”. Il libro è così denso che abbisogna di un supplemento di indagine. Per fortuna, venerdì il Cenacolo Belvedere Carafa ospita una cena-presentazione con gli autori, dove ogni curiosità potrà essere soddisfatta. I non Maradonisti sono pregati di restare a casa.

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